Lo sguardo fu una lamina di fuoco. Accadde.
Nella piazzetta dei balconi fioriti, dalle pareti affrescate con le vergini, tra il passaggio di incuranti e lente ombre.
Si videro e si riconobbero. Dalla chioma leonina, la faccia tersa e gli occhi verdi. Dall’andatura gitana, sciarpa serica e pantaloni alla cavallerizza. Diversi tra eguali.
Si sfiorarono, si guardarono. Una frazione d’attimo. Il tempo minimo necessario alla muta intesa: perché ciascuno s’inchinasse all’altro.
Poi, sbalzati d’improvviso lontano sulla giostra del tempo e altrove. Dove il ruolo imponeva il come. Sudore freddo. Sbandamento e vertigine.
Così si riconobbero e si videro.
S’inchinarono muti al trasalimento.
Poi, ciascuno proseguì il suo cammino senza voltarsi.
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perfetto, emozionante.
io lo chiamo l’attimo colorato in un mondo che diventa in biancoenero.
ml
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Ottima definizione. Amo il cromatismo. 🙂
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